MATERNALITA’

Maternalità

MATERNALITA’

 

Cosa vi suggerisce l’immagine? E’ la maternità rappresentata da un artista dei nostri tempi, Ubaldo Urbano. Osserviamola insieme: la mamma, completamente rapita, accoglie, contempla, contiene il proprio figlio. Sembra che il piccolo sia tutto il suo mondo, sembra venga lasciato spazio a nient’ altro. La reciprocità e la sintonia degli sguardi definisce il loro legame. Nel suo complesso comunica serenità. E l’architettura sullo sfondo? Parrebbe quasi fuori luogo rispetto alla dimensione, intima e calda, in cui sono calati i due soggetti in primo piano. Eppure proprio quell’architettura, affatto casuale, sembra messa lì a rappresentare, metaforicamente, l’elaborata articolazione, invece, dello stato di gravidanza e maternità che, tuttora concepito come di totale benessere e realizzazione, naturale e “fisiologico”, si afferma, di contro, come “il più complesso evento nell’esperienza umana”. Così lo definisce lo psichiatra britannico Ian Brockington. Si, perché la donna, e non solo lei, è chiamata a vivere un processo di profonda trasformazione, psichica in primo luogo, entusiasmante e tortuoso insieme. Nessun’altra fase di “transizione”, al paragone, costituisce un momento di “crisi” tanto intenso. Molteplici sono le tappe evolutive che ne fanno parte : il passaggio dalla “stagnazione” all’apertura alla “generatività” e , in essa, alla “Cura”, al “Prendersi Cura”, responsabilmente, come qualità emergente (Erik Erikson); apertura alla generatività che prepara la strada all’attesa, con la creazione di uno spazio fisico e psichico per l’accoglienza, al contempo abitata da contenuti immaginari riguardo a sé, al bambino e all’Altro, e terra di mezzo in termini identitari, poiché non si è più solo figli né ancora genitori; attesa che, nei vissuti, anticipa ciò che diverrà più forte, più incisivo, con e dopo la nascita. Mi piace qui parlare di maternità, anzi di “maternalità”, prendendo in prestito la descrizione che ne fa Iori: “Irrompe nell’ordinario dei giorni modificando per sempre la fisionomia delle relazioni, delle biografie personali”. Proprio così; perché comporta profondi e radicali mutamenti nella vita della donna, della coppia e della famiglia allargata, che si legano, inevitabilmente, alla costruzione di nuovi equilibri, in cui ognuno è investito di un nuovo ruolo; perchè punto d’incontro tra “movimenti” regressivi, in cui la donna rivive le proprie personali dinamiche di bambina e di figlia, e movimenti progressivi segnati, nell’immediato e in prospettiva, dall’assunzione della “genitorialità”, passo decisivo verso l’adultità, con in se il carattere di permanenza, perché si è genitori per sempre, anche se ci si allontana dal nucleo familiare costituito. E tutto questo presuppone la possibilità di inglobare in modo coerente la nuova esperienza, “terra ogni volta sconosciuta” (Marinopoulos, 2006), nella continuità della Medesimezza, del sentirsi se-medesimo, all’interno della propria storia personale. Ripresa nella crescita individuale dunque. E’ un evento allora che coinvolge l’intrapsichico, l’interpersonale e l’intergenerazionale. Aggiungerei anche il sociale. Scrive Marinopoulos: “I tabù, come le convinzioni, sono un veleno, un ostacolo al vero progresso. L’idea del divenire madre come stato paradisiaco che viene acquisito all’istante, per istinto, appartiene a questa categoria”. Concepire in questi termini la maternalità, significa misconoscere l’ambivalenza che ne è parte costitutiva, fatta di associazione di vita e di morte, di pieno e di vuoto, di simbiosi e di distacco, di accettazione e di rifiuto, fatta di richieste interne ed esterne spesso confuse e contraddittorie. Significa allora negare ascolto, tempo, condivisione, comprensione.

Dott.ssa Barbara Panetti

Psicologa-Psicoterapeuta

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